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Rivoluzionata la graduatoria 2020 che vede l'Unione Europea aver ridotto del 12% le proprie importazioni d’abbigliamento. Contrazione del 12% anche per le esportazioni del comparto.

Tempo di bilanci e di classifiche per i fornitori tessili. I dati parlano chiaro: la Cina, primo paese toccato dalla crisi sanitaria è stato anche capofila nel rilanciare l’economia nel corso del 2020. Un chiaro segnale lo dà la performance di Hong Kong che, hub regionale della filiera, ha potuto contare su un incremento del 16%.
Il Bangladesh, da sempre primo sfidante della Terra di Mezzo, ha dovuto fare i conti con una diminuzione del 17%, così come la Turchia (-7%), l’India (-25%), la Cambogia (-25%), il Marocco (-23%), l’Indonesia (-19%) e gli Stati Uniti (-19%), che, secondo le cifre delle dogane europee, hanno registrato le maggiori contrazioni.Come sono andate invece le importazioni tessili? Il fattore “mascherine” ha annacquato i dati ma è comunque indice di uno status di “rivoluzione” espresso in un + 66% delle importazioni europee nel corso dell’anno. Nello specifico Cina e Hong Kong hanno avuto incrementi rispettivi del 190% e del 516% dei tessuti spediti verso la UE. Ad approfittarsi del bisogno di mascherine in Europa è stato anche il Vietnam  con un +74% d’importazioni. A soffrire degli effetti della pandemia anche le esportazioni di abbigliamento con un calo complessivo del 12%. Esistono però nel comparto dei casi che contravvengono il flusso negativo come quelli  delle esportazioni verso Israele (+57%), Corea del Sud (+22%), Australia (+20%), Macao (+6%) e Cina (+4%). Le diminuzioni piĂą significative si sono avute negli ordini provenienti da USA, Russia, Turchia, Messico, Emirati Arabi Uniti e Taiwan. Sul versante delle esportazioni tessili, le dogane, hanno riscontrato una contrazione globale del 14%: l’Asia e le nazioni del bacino del Mediterraneo, in particolare, hanno mostrato cali rispettivamente del 21% e 17%. Primi clienti dei tessuti europei sono stati gli Stati Uniti, la Cina e la Turchia – diminuzioni dal 12% al 18% – mentre il Marocco e la Tunisia si sono contratti del 19% e 15%. Il calo maggiore?Quello dell’India con ordini scesi del 35%.

 

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