All’attivo ha un libro dedicato “alla passione di una vita” (TH – La storia del Tottenham Hotspur (ed. Urbone), una famiglia che ama coinvolgere nelle attività in cui più si riconosce – “viaggiare, fare sport, cucinare e mangiare pizza e dedicare momenti “armonici” alla musica sono le mie zone comfort che condivido con moglie e figli” – e un lavoro che, da Prato, lo ha fatto volare nel mondo. Matteo Grazzini, giornalista de “La Spola – il settimanale del tessile e dell’abbigliamento”, della filiera tessile è un addicted, tanto che trame ed orditi non hanno per lui più segreti. Con la sua penna puntuale racconta le novità di un settore che, se nel primo anno della pandemia è dovuto correre ai ripari talvolta ripensando anche le proprie produzioni, in fase di ripresa deve ora fare tesoro di quanto appreso per ripartire con nuova forza.
Dopo il 2020, annus horribilis, e l’accelerazione fisiologica del 2021, come è cambiato il mondo della filatura italiano post pandemia?
E’ cambiato sicuramente nei numeri, sia in positivo che in negativo. Gli aspetti positivi riguardano soprattutto il settore dell’aguglieria che, seppur di nicchia, ha saputo dare voce al desiderio di cimentarsi in lavori manuali tra le mura di casa durante i vari lockdown. Quelli negativi, invece, riguardano le inevitabili problematiche legate al Covid: limitazione dei contatti diretti con i clienti, contrazione del lavoro degli uffici di ricerca e pesante rallentamento per l’economia, frenata a tutti i livelli. In soldoni: meno vendite e più fatturati al ribasso. Il 2021 ha riportato quasi tutto in equilibrio, almeno per le aziende con magazzini ben forniti.
Nonostante il 2021 abbia fatto segnare una convinta ripresa, il 2022 ha presentato nuove difficoltà. Quali le maggiori criticità che le aziende italiane del comparto si sono trovate a dover affrontare?
I rincari per energia elettrica e gas, ma anche la carenza di materie prime hanno fatto schizzare alle stelle i prezzi con ricadute inevitabili come, ad esempio, il ritocco dei listini, sia da parte dei fornitori e lavoratori conto terzi, sia verso il cliente. Un’escalation non certo virtuosa che rischia di danneggiare tutti.
Non dimentichiamo inoltre che, a differenza delle aziende europee che possono contare su aiuti statali già erogati, le imprese italiane si trovano invece a far fronte al caro-bollette in prima persona.
In termini propositivi, invece, che cosa ha insegnato loro di buono la pandemia?
Il blocco a cui siamo stati tutti costretti ci ha portato a comprendere chiaramente che, anche se il mondo si dovesse rifermare, oggi abbiamo tutti gli strumenti che ci permetterebbero di restare attivi sia sui mercati internazionali che in azienda. La tecnologia e la digitalizzazione hanno cambiato la percezione delle distanze e la pandemia ha accelerato un processo che era già in atto da qualche anno.
Nonostante i meriti della digitalizzazione, c’è qualche settore che ha segnato maggiormente il passo?
A pagare lo scotto maggiore del distanziamento imposto è stato proprio il settore dei filati, in cui il tocco del prodotto e la percezione reale del colore sono essenziali. Nonostante i plus offerti dalla digitalizzazione e dall’etere, non ci sono connessione Internet o documenti digital che possano sostituire un campionario. La rete però ha avuto il merito di favorire il mantenimento dei contatti con i dipendenti durante i lockdown e di accorciare le distanze con i clienti soprattutto negli ultimi 2 anni.
Possiamo dire che “le maglie si sono strette” durante la pandemia?
Non solo: questo lungo e difficile periodo ha fatto emergere chiaramente che, parafrasando un film di qualche anno fa, “nessuno si salva da solo” e il “fare squadra” è essenziale. La pandemia poteva far scatenare la caccia del pesce grande a quello più piccolo, ma, invece, nessuno si è fatto la guerra per accaparrarsi fette di mercato approfittando del virus. Il settore si è dimostrato piuttosto coeso.
La necessità di contenere la proliferazione del virus è stata tra le cause del costante annullamento o rimando di fiere ed esposizioni. Per far fronte a questo vuoto, le aziende hanno spostato le presentazioni delle loro collezioni su piattaforme on line. Ritiene che abbiano la stessa efficacia?
L’efficacia non può essere la stessa proprio per l’assenza del contatto, ma una presentazione, magari affidata ad un video emozionale o ad una serie di link interattivi, può comunque essere scenografica e coinvolgente. Personalmente credo che internet possa essere una bellissima cornice ed una traccia su tela quasi completa, ma il quadro va terminato in fiera o, comunque, in presenza del cliente.
Quale dunque il futuro delle fiere alla luce dei tools che le aziende hanno imparato ad usare?
Sicuramente diverso da quello che hanno avuto fino all’inizio degli anni 2000 o nella prima decade del nuovo millennio. Qualche scricchiolio aveva fatto capolino già prima della pandemia, ma ora che i saloni potrebbero avere un via libera definitivo già da giugno siamo tutti curiosi di vedere come reagiranno buyers e visitatori. Dovendo disegnare una prospettiva, immagino che le fiere proseguiranno in versione ibrida, con Internet che aiuterà a preparare la visita agli stand, a selezionare in anticipo i prodotti più interessanti ed a conoscere con ampio preavviso le novità. Ma allo stand bisognerà però andarci, magari ottimizzando i tempi e riducendo i giorni di viaggio.
Ricordiamoci inoltre che non tutti hanno a disposizione gli strumenti atti a sostituire uno stand, e che nessuno può permettersi di bucare un evento di primo piano, fosse solo per non dare adito a voci di corridoio e per non mandare i clienti in bocca alla concorrenza.
Pandemia&comunicazione: è cambiata la strategia delle aziende?
La comunicazione nel tessile è ancora piuttosto acerba: nonostante le aziende stiano facendo passi in avanti lato social, ancora poche sono quelle che hanno un ufficio stampa o una comunicazione regolare nel corso dell’anno. La condivisione delle informazioni tende così a concentrarsi solo nei periodi delle fiere. Paradossalmente però, sono tornati gli investimenti in pubblicità anche da parte di chi, pre Covid, non si era dimostrato interessato a questo canale. Proprio durante questo biennio, con “La Spola” abbiamo sviluppato contatti nuovi: si tratta di interlocutori che negli anni precedenti non avevano risposto positivamente alle nostre proposte commerciali o semplicemente con cui non avevamo stabilito una relazione. Sul nostro sito come sulla newsletter si trovano così nuovi banner, un buon segnale della salute della filiera.