Un film presenta Tollegno 1900 attraverso il simbolico viaggio di un filato rosso che porta alla scoperta delle diverse anime dell’azienda, tra heritage ed innovazione, ricerca e sostenibilità

Tutto ha inizio da un filo rosso di lana che, dopo aver navigato tra sale e corridoi di Tollegno 1900, aver salito scale, scavalcato macchinari, aver osservato la purezza dell’acqua del torrente Cervo, essersi soffermato a guardare la grandiosità delle montagne circostanti, aver creato un reticolo attorno ad un’opera d’arte di singolare bellezza, trova riposo nella tasca di una giacca. Un itinerario visionario, tratteggiato in un cortometraggio che racconta la nostra azienda da un punto di vista inusuale, ma carico di potenza.

A narrare il mondo di Tollegno 1900 ne “Il filo rosso” – questo il nome del film – è la lana che, interprete ed espressione della vita dell’impresa sin dalle sue origini, diviene ora protagonista di un girato pieno di suggestioni, nato dalle emozioni di Giorgio Oppici.

Pubblicitario per elezione e regista per vocazione, Giorgio non è una nuova conoscenza per Tollegno 1900: “Sono entrato in contatto con la vostra realtà – racconta – grazie ad una conoscenza comune otto anni fa, quando facemmo insieme il primo film: Italiani. Un’esperienza bellissima. Girammo tutto in un giorno: ricordo che abbandonai il cavalletto per potermi muovere liberamente nei vari comparti. Filmavo ogni cosa, tutto mi chiamava. Un lavoro che ancora oggi mi piace moltissimo. Fare un secondo film, ora, è stato un impegno importante, l’aspettativa era alta”.

La forza creativa di un film inizia dall’idea di base. Come nasce quella da cui sviluppi un tuo video?
Già mentre il committente mi racconta i contenuti che vorrebbe fossero rappresentati, inizio a visualizzare delle immagini e delle situazioni che poi elaboro fino alla stesura di uno script.

Hai proceduto così anche per “Il filo rosso”…
L’obiettivo era chiaro: accompagnare lo spettatore in un viaggio all’interno dell’azienda. Il rimando al gomitolo di lana che Teseo ricevette da Arianna per addentrarsi nel labirinto è stato istintivo. Un filo rosso è così diventato, oltre che guida, anche un tratto d’unione tra i vari comparti, tra le due anime dell’azienda, quella storica e quella innovativa. La lana è la vera protagonista narrante.

Tra folgorazione ed intuizione, l’idea prende progressivamente forma. C’è qualcosa che ti ispira?
Tutto ciò che è autentico, che è espressione di lavoro, di passione, di storia, di persone.

Empatia e lato umano sono dunque i pilastri su cui costruire un progetto solido che, nella sua realizzazione, può però incontrare qualche difficoltà…

Due le maggiori quando si parla del mio lavoro: la luce e l’emozione. La luce è fondamentale per la fotografia. L’emozione è imprescindibile per me. Se l’aspetto emotivo viene meno o se non vedo la “mia via” preferisco non accettare l’incarico.

Emozionarsi per emozionare è dunque il tuo personale filo rosso, l’anima di ogni tuo lavoro. Tra i molti, ce n’è uno di cui vai più orgoglioso?
Ogni lavoro ha una sua storia che accende ricordi dei momenti in cui è stato fatto, delle persone incontrate e dei rapporti che sono nati. Rivedendoli, ognuno mi emoziona ma, forse tra tutti, ce n’è uno. E’ una mia espressione libera intitolato “Assunta (a tempo indeterminato)” ed è la storia, a mio avviso struggente ed ironica, di uno di quei manichini di cameriera posti all’esterno delle trattorie. Poco dopo la conclusione del filmato Assunta venne “rapita”, mi spiacque. Spero che oggi stia bene.

Dopo Assunta e la sua storia, a quale altra vorresti dare voce?
La commistione tra impresa e cultura mi attrae moltissimo. Vorrei dare un mio piccolo contributo approfittando della comunicazione di impresa per trasmettere dei contenuti. Ne abbiamo molti nel nostro paese da raccontare.

Con una perfetta circolarità ripartiamo da dove abbiamo iniziato questa chiacchierata dunque: l’idea c’è, ora non resta che svilupparla. Ma quali sono gli elementi che concorrono a darle suggestione quando prende forma in un film?

La fotografia, la musica, il montaggio, il percorso narrativo. Su tutti, il coinvolgimento.

Il cerchio si chiude, torniamo all’emozione.

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