Premessa: Niccolò Biddau è riconosciuto come uno dei migliori fotografi industriali e di architettura. Le sue fotografie fanno parte di collezioni museali e private, sono state pubblicate su riviste, esposte in musei, fiere e gallerie in Italia e nel mondo. Oltre venti sono i libri pubblicati sul suo lavoro.
Che venisse in contatto con Tollegno 1900 era dunque scritto nelle stelle, essendo l’azienda un raro esempio di architettura industriale di valore ed essendo Niccolò il “ritrattista” delle più rappresentative realtà industriali del Made in Italy. Oltre 500 imprese dei settori più disparati (dall’acciaio all’automotive, dalla farmaceutica alla moda passando per il design e il food) lo hanno scelto per essere raccontate per immagini.
Lo story telling è anche questo e Biddau, con 30 anni di esperienza sulle spalle, lo sà bene. E pensare che la sua vita avrebbe potuto avere tutt’altro corso pensando al suo cursus di studi. Ma la laurea in Scienze Politiche poco ha potuto rispetto alla passione per la fotografia, ereditata da suo padre.
Appesa la laurea nel salotto buono di casa a Torino ha cominciato a viaggiare..
I primi lavori da free-lance sono stati alcuni reportage in Estremo Oriente e in America Latina, ma ho subito compreso che il mio occhio era sensibile ad altro e mi sono dedicato alla fotografia di nudo e di moda, in Italia e all’estero. Dal 1998, privilegiando bianco e nero, ho ampliato il mio raggio focalizzandomi su paesaggi urbani, scultura e sulla fotografia d’interni.
Il colpo di fulmine e la svolta sono arrivati qualche anno dopo indagando i cicli produttivi delle aziende italiane.
Era il 2002 quando “l’estetica della tecnologia” diventò il centro del mio linguaggio interpretativo espresso attraverso campagne fotografiche sulle eccellenze industriali del Made in Italy che, oltre ad essere state pubblicate su monografie, sono state anche esposte in mostre e premiate da awards internazionali. In parallelo però ho percorso anche altre strade seppur non troppo discoste dall’amore originario, diventando curatore di libri e di mostre incentrate sul tema della fotografia industriale italiana per conto d’istituzioni e aziende. Da qui lo sviluppo di un nuovo nucleo di ricerca centrato su complessi architettonici e monumentali con le loro componenti artistiche.
Che sia stato giudicato nel 2010 dalla giuria del Black and White Spider Awards, composta da trentanove tra i più importanti decision makers della fotografia mondiale, per originalità, merito artistico e stile, come uno dei migliori fotografi internazionali nell’impiego del bianco e nero, sembra una conclusione naturale. Non stupisce che Lincoln Germanetti, CEO di Tollegno 1900 ma soprattutto appassionato d’arte, l’abbia contattata.
La collaborazione è nata attraverso Instagram. Il Dr. Germanetti era rimasto colpito da alcune mie fotografie e mi ha contattato per un approfondimento. L’occasione iniziale per lavorare insieme è stata l’anniversario dei 140 anni di Ragno per il quale è stata realizzata una campagna sulle architetture e gli ambienti dell’azienda. Il nostro lavoro a quattro mani è poi proseguito con Tollegno 1900 in occasione di un altro importante anniversario: i suoi 120 anni! Entrambe delle sfide affascinanti: aziende con forti radici e con importanti proiezioni di sviluppo.
Se dovesse riassumere Tollegno 1900 in uno scatto, quale sceglierebbe?
Sceglierei uno scatto che ho realizzato in una bella giornata della primavera 2020, reso molto incisivo dalla luce. Si tratta di una fotografia che è la perfetta sintesi di quello che sono i molteplici aspetti valoriali dell’azienda: sostenibilità, tradizione e rispetto per l’ambiente. Inoltre si percepisce un bel legame con il territorio.
Tollegno 1900 è un esempio di archeologia industriale: quali scatti meglio valorizzano quest’anima e perché?
Ce ne sono due, tra gli altri, che ne sono una valida espressione perché rappresentano la tutela e la conservazione di un patrimonio architettonico di estremo valore. La prima immagine riprende la ciminiera restaurata, mettendone in evidenza l’impatto. Pochi sanno che queste opere architettoniche nascono in Inghilterra ma traggono ispirazione dai campanili gotici e dal rinascimento italiano. Dall’Ottocento dominano il paesaggio industriale anche con virtuosismi costruttivi, ma se originariamente i camini erano a pianta quadrata solo successivamente la sezione divenne circolare per garantire maggiore staticità.
Il secondo scatto ritrae la “Sala Luce”: un ex reparto per la lavorazione di filati e tessuti che oggi è adibito a spazio per mostre ed eventi. Un ambiente magico dove l’architettura dialoga perfettamente con la luce che a diverse ore del giorno penetra attraverso le finestre, donando ogni volta un’atmosfera molto suggestiva
Queste fotografie sono un racconto anche della filosofia dell’azienda?
Indubbiamente. Molte aziende hanno preferito abbattere edifici che ritenevano superati, Tollegno 1900 invece no. Questo vuol dire non solo avere ben radicata nel proprio dna la “cultura d’impresa”, ma anche avere rispetto per la propria storia, per quella del territorio e dell’industria. I processi di restauro e riconversione funzionale richiedono sicuramente ingenti investimenti ma hanno aspetti valoriali di grande importanza.
Qualche difficoltà nel realizzare il reportage?
Onestamente no perché la campagna fotografica è stata realizzata alla perfezione, nella sua fase progettuale come in quella di realizzazione. Quando vi è un confronto costruttivo e si definiscono all’origine gli obiettivi di comunicazione dell’azienda, tutto è semplice. Ho avuto la possibilità di accedere a tutte le location che ritenevo interessante valutare, anche quelle panoramiche. Ci siamo sempre mossi nel rispetto di tutte le normative sulla sicurezza e valutato la fattibilità delle riprese. In merito alla luce, gli esterni degli stabilimenti li ho realizzati in primavera con una bellissima luce per valorizzare al meglio le architetture industriali.
E proprio sulla fotografia di architettura si basa il suo ultimo progetto – Changing Milano – pubblicato alla fine del 2018.
Il concept della campagna fotografica muove dall’idea di mostrare l’unicità del tessuto architettonico di Milano in una visione che sappia riportare l’origine della forma per ottenere il raggiungimento del “minimum”. Di quella perfezione e coerenza che un oggetto raggiunge, nell’architettura così come in fotografia, quando non è più possibile migliorarlo per sottrazione. È la qualità di quell’oggetto a essere messa a fuoco, in cui ogni elemento, ogni materiale e ogni dettaglio esaltato, sono essenziali, diventano necessari e universali attraverso la veicolazione del medium fotografico.
Quale il valore oggettivo della sua creatività?
Probabilmente la capacità di ridisegnare i contorni della realtà delle cose riversandoci tutta la sensibilità soggettiva che una visione è in grado di suggerirmi. Adottando come linguaggio interpretativo il bianco e nero, sono portato a lavorare sul vuoto e sul pieno, esaltando l’assoluto della materia attraverso la quiete che vi è imprigionata dentro. La mia fotografia si concentra sull’innata staticità degli oggetti industriali, delle forme scultoree ed architettoniche e questo viene comunicato attraverso i dettagli che, quasi sempre celati, una volta individuati guizzano come materie vitali.
Come ebbe a dire Christian Caujolle nel testo introduttivo della monografia e della mostra tenutasi alla Triennale di Milano “INDUSTRIA”: “Niccolò Biddau s’inserisce in una tradizione caratterizzata da un’irreprensibile esigenza formale, dall’inquadratura e dal rapporto con le forme, dall’immagine che afferma la sua originalità, dalla luce e dalla forma nella sua perfezione. Un’esigenza che è al servizio di un amore per la materia e per le volumetrie degli oggetti e, al tempo stesso, della ricerca della struttura (fondamentale e spesso poco visibile) e di chi, quegli oggetti li produce. La sottigliezza e l’approccio rigoroso sono naturalmente in dialogo con l’eccellenza, con una particolare attenzione per il bello, ma anche per quei settori meno conosciuti dell’industria. La scelta del bianco e nero, la rivendicazione di un’immagine pensata e costruita senza romanticismo gratuito né ammiccamenti decorativi, mette in evidenza quello che è alla base stessa della realtà e che risulta sempre irraggiungibile. Vi è una volontà ostinata di ordinare le cose per cercare di capirle meglio e di dare loro un significato, sublimando la loro apparenza. In questo lavoro vi è semplicemente la volontà di esigere il meglio”.