11/11/2021
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Quale lo status delle aziende italiane in materia di tutela dell’ambiente e delle persone? Quali i limiti con cui devono fare i conti? La pandemia ha rappresentato un’opportunità? A spiegarlo è Francesca Rulli, CEO di Process Factory e creatrice del sistema e marchio 4sustainability.

Fiorentina, specializzata in sistemi di gestione per la realizzazione di progetti di sviluppo sostenibile, appassionata da sempre ai temi dell’ambiente e dei diritti della persona, Francesca Rulli, Founder e Ceo di Process Factory, ha le idee chiare su quali siano i fattori su cui le aziende italiane dovrebbero puntare per essere realmente efficaci in materia di sostenibilità. “La sfida è ambiziosa – spiega – e collima con una serie di processi evolutivi e di sviluppo: per essere performanti anche in materia di sostenibilità bisogna crescere in managerialità, efficienza gestionale, pianificazione e controllo, capacità di comunicazione, trasparenza. Il cambiamento si gioca tutto qui”.

Una partita che per essere vinta richiede alle aziende di superare alcuni freni. Anche su questi Francesca – creatrice nel 2013 del sistema e marchio 4sustainability che certifica la sostenibilità della filiera del fashion & luxury – ha il polso della situazione. “Il freno più rilevante che ho potuto verificare e che continuo a registrare è di tipo culturale e coinvolge trasversalmente sia brand e aziende della filiera moda, sia più in generale le piccole e medie imprese italiane con un modello organizzativo ancora molto tradizionale. I limiti al cambiamento sono prevalentemente legati all’assenza di figure con competenze specifiche e ai rallentamenti a livello di innovazione informatica. Competenze e tecnologia sono la chiave per costruire sistemi stabili e strutturati in grado di ottimizzare la gestione del dato per ottenere una misurazione credibile delle performance di sostenibilità”. A spronare nel recupero dei ritardi accumulati e nel dare accelerazione a progetti sustainable ci ha pensato la pandemia che ha “amplificato l’urgenza del cambiamento, favorendo anche le riflessioni sui processi di produzione e sulle abitudini di consumo, innescando la transizione verso nuovi modelli di business che risultano imprescindibili, pena l’esclusione dal mercato. Integrare etica e business è giusto e possibile e su questo si costruisce l’autorevolezza di una metodologia adottata oggi dall’eccellenza del settore”.

Se l’eccellenza del settore si è dimostrata a riguardo illuminata, quale è invece lo stato dell’arte delle medie aziende italiane in materia di conversione all’uso di materiali di minor impatto, eliminazione delle sostanze chimiche tossiche dai cicli produttivi, tracciabilità dei processi, crescita del benessere organizzativo, uso consapevole delle risorse per ridurre l’impatto ambientale, sviluppo di pratiche di riuso?

Il chemical management è il terreno su cui la filiera italiana si è impegnata ad oggi con più convinzione, individuando nella riduzione delle sostanze chimiche tossiche e nocive dai propri cicli produttivi una priorità. Un approccio che è anche figlio delle richieste di un mercato fortemente sensibilizzato su questa materia. Nello specifico il protocollo 4s Chem del nostro sistema ha supportato e continua a supportare questa esigenza in linea con la metodologia ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals). La logica è quella di un miglioramento che tenda idealmente all’eccellenza e che è trasversale a tutte le dimensioni della sostenibilità.

Oltre al chemical management, quali sono gli ambiti in cui registrate la maggiore crescita di interesse?

Sicuramente la tracciabilità dei processi e il monitoraggio della filiera, la sostituzione delle materie prime con alternative a maggiore contenuto di sostenibilità, ma anche la dimensione sociale che il nostro protocollo 4s People interpreta.

4s People è  uno dei sei protocolli in cui si articola il framework 4sustainability: quali sono gli altri?

4sustainability, sviluppato per supportare le aziende nel migliorare le proprie performance di sostenibilità, si basa sulle iniziative di riferimento tipiche del sistema moda: Materials, Trace, People, Planet e Cycle e Chem.

Proprio il protocollo Chem 4sustainability ha rappresentato il primo nucleo di 4sustainability, progetto iniziato in modo quasi pionieristico…

Partimmo nel 2013 con Brachi Testing Services, con cui provammo ad intercettare i bisogni ancora poco consapevoli del mercato della moda che intravvedeva nella riduzione delle sostanze chimiche nocive in produzione una prima forma d’impegno in ottica sostenibile.

Il protocollo Chem 4sustainability, che Process Factory implementa oggi sulla filiera moda, è il frutto di questa sinergia: volevamo costruire un sistema strutturato che aiutasse le aziende della filiera a realizzare progetti concreti di sostenibilità negli ambiti determinanti per traghettare il settore verso un modello compiuto di business sostenibile. L’idea principe era quella di generare un sistema incentrato sui processi e sulla misurazione delle performance che stimolasse la filiera a crescere. Un framework che aiutasse anche i brand a quantificare e qualificare la propria filiera sugli stessi progetti di sostenibilità, agendo come sistema di vendor rating della sostenibilità.

Un progetto ambizioso che sta dando risultati di valore. Quali i prossimi passi a cui state lavorando?

Tra i nostri primi obiettivi c’è quello di rafforzare il marchio come strumento idoneo a garantire la credibilità dell’impegno della filiera verso la sostenibilità anche in ottica di comunicazione al mercato. Parallelamente, stiamo lavorando perché un numero sempre maggiore di brand riconosca 4sustainability come framework di qualifica della filiera. Un’operazione che punta non solo a favorire la collaborazione fra brand e filiera, ma anche a introdurre un linguaggio comune, semplificare gli obblighi di adeguamento della filiera alle richieste dei marchi e semplificare il dovere di verifica dei brand nei confronti della filiera.

Altro fronte importante riguarda la digitalizzazione: stiamo operando per lo sviluppo della nostra piattaforma informatica a supporto della gestione intelligente del dato, elemento essenziale attorno a cui ruota e si fonda il sistema.

Proprio la gestione dei dati è uno degli aspetti che ha messo in relazione 4sustainability con Tollegno 1900…

Abbiamo iniziato a lavorare nel distretto di Biella alcuni anni fa. Sul tema del chemical management, le aziende del territorio sono partite infatti con un po’ di ritardo, avendo intrapreso con player locali il percorso di copertura del rischio, prima di aprirsi alla metodologia globale di ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals). C’è da dire che le aziende biellesi si sono rese protagoniste di un grande recupero. L’incontro con Tollegno 1900, l’anno scorso, si inserisce in questo quadro. È un’azienda storica, passata negli anni dalla dimensione del grande complesso industriale a un’azienda più contenuta in termini di volumi produttivi. Le complessità, però, sono le stesse, legate ai processi interni ed esterni, alla gestione dei dati, all’ordinamento delle procedure che tendono alla misurazione delle performance di sostenibilità…

A giochi fatti, che cosa significa oggi essere sostenibili a livello aziendale?

Sostenibilità significa soprattutto equilibrio, riuscire a bilanciare il “cosa” facciamo e il “come” lo facciamo. Noi Italiani nel “cosa” siamo bravissimi perché sappiamo realizzare dei prodotti straordinari, performanti ed esteticamente impeccabili. Sul “come” invece abbiamo ancora molta strada da fare nonostante siamo certamente più avanti rispetto a tante realtà lontane da noi non solo in senso geografico.

Nel concreto dove dobbiamo agire?

Penso soprattutto alla riduzione dell’impatto ambientale e sociale della produzione, a una più equa distribuzione del valore fra i vari anelli della filiera. Temi che hanno riflessi pratici importanti nelle procedure che adottiamo, nelle scelte che facciamo ogni giorno in azienda.

 

 

 

 

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